Gruppo 1 "CASA DI SHANNON" [Boone, Shannon]

A volte a nostra insaputa ci troviamo diretti verso un precipizio… Sia che ciò avvenga per caso o intenzionalmente, non possiamo fare niente per evitarlo. Una donna, a Los Angeles, stava uscendo a fare compere. Ma aveva dimenticato il soprabito, e tornò indietro a prenderlo. Mentre era li squillò il telefono, e lei rispose e parlò per un paio di minuti. Mentre la donna era al telefono, Boone stava uscendo di casa. E mentre lui usciva, la donna, finito di parlare al telefono, era uscita per prendere un taxi. Un tassista, poco prima, aveva scaricato un cliente e si era fermato a prendere un caffè. E intanto Boone continuava a chiedersi se sarebbe stato intelligente andare da Shannon. E questo tassista, che si era fermato per un caffè, prese a bordo la donna che andava a fare compere e che aveva perso l’altro taxi. Il taxi dovette fermarsi per un uomo che stava andando a lavoro in ritardo di cinque minuti perchè si era dimenticato di mettere la sveglia. Mentre quell’uomo in ritardo attraversava la strada, Boone si mise alla guida della sua auto. E mentre Boone guidava, il taxi aspettava la donna che era entrata in una pasticceria a ritirare un pacchetto che però non era pronto, perchè la commessa si era lasciata col fidanzato la sera prima e se ne era dimenticata. Ritirato il pacchetto la donna era rientrata nel taxi, che rimase bloccato da un furgone. E intanto Boone si stava dirigendo verso casa di Shannon. Il furgone si spostò, e il taxi poté ripartire, mentre Boone, giunto in prossimità di casa di Shannon, si fermò a sistemarsi una scarpa alla quale si era rotto un laccio. Mentre il taxi era fermo a un semaforo, Boone attraversò la strada.

[Liberamente ispirato da "Il curioso caso di Benjamin Button]

A volte a nostra insaputa ci troviamo diretti verso un precipizio. Potremmo fare qualcosa, qualunque cosa per evitarlo. Ma non lo sappiamo e ci abbandoniamo nelle mani del caso.
Anche quella mattina, fu proprio il caso a decidere. Charlie sembrava avere fretta di uscire, probabilmente per non andare in nessun posto. Shannon sembrava non avere nessuna voglia di trattenerlo.
Poche formalità, nessuna colazione, una stretta di mano ed un "è stato un piacere, alla prossima", entrambi impazienti di non trovarsi più sotto lo stesso tetto e di mettere almeno una porta blindata in mezzo a loro, per chiudere definitivamente quella notte.
Perciò, quando Charlie uscì, Shannon richiuse la porta a chiave, sospirando sollevata alla fine dell'ultimo giro: finalmente poteva dedicarsi al delicato recupero delle sue scarpe, violentate da vomito e coca cola.

Shannon ancora non sapeva di essere stata protetta e coccolata dal caso.

*Si ritrovò davanti alla porta con le mani in tasca non sapendo che fare. 4 mesi. 4 mesi che non la vedeva. Non sapeva che dire ma sapeva che la voleva rivedere. Bussò.*

Troppo presto, troppo. Il sospiro di sollievo non era neanche terminato quando qualcuno bussò alla porta, la stessa porta che aveva chiuso con tanta premura. Ultimo giro di chiave al contrario e la speranza di non rivedere Charlie così presto. L'attesa durà meno di due secondi.
Non era Charlie.

Quando una persona non ha passato una buona serata la si vede dalle occhiaie del giorno dopo. Ma quello di Shannon doveva essere stata una serata tragica. Non potè non notare, però, una luce nei suoi occhi, nonostante fossero ancora sporchi di trucco colato. Non potè non notare quella speranza, nonostante avesse detto a tutti che Shannon non era più la sua kryptonite. Non potè fare a meno di entrare e abbracciarla, posando la sua testa nella spalla esile della ragazza. Nessuna parola, nessuna lacrima, solo quell’abbraccio intenso.

Erano passati quattro mesi. E quel momento, quello tanto atteso, temuto, sperato, odiato, rimandato, aveva scelto l'istante peggiore per bussare alla sua porta. Puzzava di vomito e alcool e non aveva ancora avuto il coraggio di guardarsi allo specchio. Ma il momento era arrivato, ed era arrivato così.. maledettamente imperfetto, sbagliato, imprevisto. Così, maledettamente reale, maledettamente bello.
Smise di pensare, abbandonandosi a quell'abbraccio intenso.

*Sembrerà banale ma il loro cuori battevano all’unisono, uniti in quell’abbraccio che Boone voleva fosse eterno. Ancora con la testa inclinata, appoggiata alla sua spalla. Ancora corpo a corpo. Ancora cuore a cuore. Sembrerà altrettanto banale, ma forse tutte le storie d’amore o presunte tali sono banali, ma Boone disse la cosa più banale al mondo, sussurrandola all’orecchio quasi temendo una qualsiasi risposta.* Come stai?

Trattenere le lacrime non era mai stata la sua specialità, non ci riuscì, banalmente, nemmeno in quel caso. Riprese a pensare a quei quattro mesi. Quei quattro mesi passati alla disperata ricerca di qualcosa, qualunque cosa potesse darle la convinzione di avere un'utilità, uno scopo, un senso qualunque. Qualcosa che le potesse indicare la direzione da prendere, la scelta giusta da fare, qualcosa e basta. Per la prima volta in quei quattro mesi, sentì di averla trovata, in quel momento e tra quelle braccia. Tanta strada per tornare al punto d'inizio? Era così scontato il suo lieto fine? Non rispose alla domanda di Boone, non la capì

"Mi dispiace"

Sussurò, non sapeva esattamente perché o per cosa, sapeva solo di aver vissuto quei quattro mesi solo per poter pronunciare quelle due parole...

*L’universo si ammutolì in quell’istante. Il vento si fermò. Il sole si celò dietro delle nuvole. Perché quell’istante valeva tutta l’attenzione di tutto l’universo. Boone baciò Shannon. Un bacio delicato, inaspettato ma sempre rivoluto. Le labbra si separarono ma Boone le rimase vicino.*

Anche quel lieto fine, come ogni lieto fine che si rispetti, reclamò il suo bacio. Un bacio dal significato sconosciuto, come sempre: perdono, nostalgia, momentanea gioia, o addirittura amore? Forse tutto. Forse niente. Ma andava bene così, completava la perfezione di quel momento imperfetto. Shannon si allontanò, colpita da un improvviso lampo di lucidità, perché c'era voluto tanto tempo? Perché l'aveva lasciata sola a commettere un errore dopo l'altro? Quattro mesi.

"Dove sei stato, Boone?"

Era quasi un'accusa ammorbidita da lacrime di gioia.

Non sarei dovuto andarmene. Te lo prometto.. non ti lascerò mai più.

E poi... il tempo si fermò. Si fermò davvero.
...prima di tornare indietro.

Se solo una cosa fosse andata diversamente, se quel laccio non si fosse rotto, se quel furgone si fosse spostato un momento prima, o se quel pacchetto fosse stato pronto perché la commessa non si era lasciata col fidanzato, o se quell’uomo avesse messo la sveglia e si fosse alzato cinque minuti prima, o se quel tassista non si fosse fermato a prendere un caffè, o se quella donna si fosse ricordata del soprabito e avesse preso un taxi prima, Boone non avrebbe mai visto Charlie uscire di casa. Ma la vita, essendo quella che è, aveva creato una serie di circostanze incrociate e incontrollabili. E così Boone vide uscire Charlie da casa di Shannon.

[Liberamente ispirato a "Il curioso caso di Benjamin Button"]

A volte a nostra insaputa ci troviamo diretti verso un precipizio. Potremmo fare qualcosa, qualunque cosa per evitarlo. Ma non lo sappiamo e ci abbandoniamo nelle mani del caso.
Anche quella mattina, fu proprio il caso a decidere. Charlie sembrava avere fretta di uscire, probabilmente per non andare in nessun posto. Shannon sembrava non avere nessuna voglia di trattenerlo.
Poche formalità, nessuna colazione, una stretta di mano ed un "è stato un piacere, alla prossima", entrambi impazienti di non trovarsi più sotto lo stesso tetto e di mettere almeno una porta blindata in mezzo a loro, per chiudere definitivamente quella notte.
Perciò, quando Charlie uscì, Shannon richiuse la porta a chiave, sospirando sollevata alla fine dell'ultimo giro: finalmente poteva dedicarsi al delicato recupero delle sue scarpe, violentate da vomito e coca cola.

Troppo presto, troppo. Il sospiro di sollievo non era neanche terminato quando qualcuno bussò alla porta. Ultimo giro di chiave al contrario e la speranza di non rivedere Charlie così presto. Era Charlie. Recuperò il portafogli dimenticato e si affrettò ad uscire, di nuovo.

Shannon ancora non sapeva di essere stata colpita ed affondata dal caso, accompagnata sulla strada che conduce al precipizio.

Si ritrovò davanti alla porta con le mani che fremevano. 4 mesi. 4 mesi che non la vedeva. Sapeva esattamente cosa dire. Cominciò a picchiare alla porta di casa.

Non ancora, non di nuovo. Meditò per qualche secondo di non aprire più la porta al britannico smemorato, ma stavolta bussava in maniera troppo insistente. Altro giro di chiave, ancora quella porta aperta, nessun Charlie.
Boone. -il respirò si fermò.-
Boone incazzato -Tutto nella norma, anche il respirò tornò regolare. Lasciò la porta aperta e gli diede le spalle, in attesa della predica del mattino.-

Quando una persona non ha passato una buona serata la si vede dalle occhiaie del giorno dopo. Ma quella di Shannon non doveva essere stata una serata tragica. Ma la mattinata si prospettava più temporalesca. Boone non capiva se, a farlo infuriare così tanto era stato il fatto che Shannon avesse passato la notte con un altro uomo o se avesse passato la notte con Charlie. Dopo 4 mesi era andato da lei, ancora con la speranza (nonostante la bugia detta ad Ana Lucia all’aeroporto), ancora con la voglia di stare con lei, di starle vicino. Ma si sentiva tradito. Entrò e la prese per un braccio.



Nessun bacio. Nessun abbraccio. Solo tre parole.* Sei una sgualdrina!

Erano passati quattro mesi. E quel momento, quello tanto atteso, temuto, sperato, odiato, rimandato, aveva scelto l'istante peggiore per bussare alla sua porta. Quel momento era arrivato, ed era maledettamente disgustoso. Più disgustoso della puzza di vomito e di alcool che si portava dietro. Boone era più fastidioso del mal di testa post sbronza. Boone era sempre il solito maledetto idiota.

"Buongiorno, Boone. sono felice di rivederti sano e salvo."

*Strattonò il braccio per liberarsi dalla presa, ma dai suoi insulti non riuscì a liberarsi. Ma, in fondo, non era la prima volta.*

"Offendermi questa volta non ti aiuterà, non finirà come la prima volta, Boone." [ https://www.youtube.com/watch?v=MFzkBMFQth0 ]
"Perciò, quando torni in albergo stasera, addormentati pure."

Non preoccuparti di come dormirò io! Ma preoccupati di come, o dovrei dire “dove” dormirai stanotte. *Lasciò il braccio della sorella e si diresse alla porta appoggiando la mano sulla maniglia e con l’altra fece cenno a Shannon di uscire dalla casa.* Ma forse ti ospiterà il tuo amichetto di letto Charlie!

Si bloccò di colpo. Dov'era finito il solito Boone idiota? Quel Boone era solo più fastidioso del suo mal di testa, il Boone di fronte a lei era un bastardo.

"Che cosa? Tu.. non puoi, è casa mia!"

*sì, certo, quella che pago con i tuoi soldi...*

"Io non vado da nessuna parte, è per questo che sei tornato? Per i tuoi soldi? Allora sparisci."

Questa è casa mia. Quindi ti prego gentilmente di andartene. I soldi per mantenerla te li ho sempre passati. Sono semplicemente venuto a riscuotere tutti i debiti che hai nei miei confronti. *Ancora agitando la mano, ancora facendole cenno di andarsene. Era un Boone nuovo e non avrebbe ceduto. * Ti farò recapitare tutte le tue cose a qualsiasi indirizzo che mi darai… e pagherò io il trasloco, come sempre.

"Wow, sei prorio diventato come tua madre!"
Chi cavolo ha detto che toccato il fondo si può solo risalire? Shannon lo aveva già toccato e grattato quel fondo, eppure adesso stava scavando. Stava per perdere tutto, la sua casa, i suoi soldi, l'ultimo fidato pilastro della sua esistenza: Boone. Era proprio lui a darle il colpo di grazia. Lo fissava incredula, non riusciva a cogliere segni di cedimento, nessuno spiraglio. Non aveva la forza nè la voglia di supplicare. Sempre più incredula, imbambolata, raccolse le scarpe accanto alla porta e cominciò ad indietreggiare sulla soglia, mentre Boone camminava verso di lei per accelerare l'uscita.

Non puoi farlo.. *La supplica era arrivata, ma debole.. un passo indietro di lei, uno avanti di lui.*
Non farlo.. *So che non lo farai, non tu, non a me. Un altro passo indietro di lei, un altro passo avanti di lui.*
Ti prego, Boone. Ti prego.. *Ascoltami. Ancora un passo a testa, ormai la soglia era varcata.*
Io, io non... *Vorrei dirti la verità, ma non la meriti. Ultimo passo. Shannon non aveva più una casa.*

*La supplica non aveva funzionato, la verità non l'aveva detta, ma un'ultima carta da giocare ce l'aveva, prima che quella porta si richiudesse.*

Anche queste le ho pagate con i tuoi soldi!!

*Urlò, lanciando contro Boone le scarpe violentate da vomito e coca cola. Shannon non aveva più nemmeno le scarpe, ma Boone, almeno, aveva in faccia il suo vomito.*

*Nessun cedimento. Nessuno. Si diresse verso il salotto e prese il cellulare dalla tasca. Compose un numero di telefono e aspettò in linea. Dopo un paio di squilli qualcuno dall’altra parte del filo rispose. Boone parlò. Fiero. Conciso. Diretto. Perché la vendetta è un piatto che va servito freddo, ma a volte è meglio dare una leggera spintarella.* Salve. Sono Boone Carlyle. Codice d’identificazione 84DS22. Vorrei chiudere il conto numero 4. Esatto. Quello di cui usufruiva la signorina Rutherford. Grazie mille e buona giornata.