GRUPPO 10 "ISOLA" [Ana Lucia, Shannon]

Il buongiorno si vede dal mattino. Non è una frase fatta.
Lo riconosci, appena sveglio, dal profumo delle lenzuola, dalla morbidezza del cuscino, dal sole che filtra dall'ampia vetrata della tua camera da letto, dal rumore delle onde, al di là di quella vetrata, dall'odore dell'oceano.
Shannon ritrovò tutto questo, quella mattina, al suo risveglio. Ritrovò il sorriso, mentre si risvegliava tra pareti accoglienti, di nuovo.
Il buongiorno lo riconosci dalla voglia di indossare il tuo vestito più bello. Lo riconosci dall'impazienza di una persona che ti aspetta per colazione. La sentiva, quell'impazienza, ne sentiva l'odore ed il rumore, mentre lasciava la camera da letto per recarsi in cucina.
Era lì, Boone, con quel sorriso che le era mancato così tanto e una tazza di caffè in mano, aspettava lei, da chissà quanto tempo. Aspettava il suo buongiorno. Shannon gli sorrise a sua volta, e passò oltre.
Davanti casa, un altro sorriso, un'altra tazza di caffè, un'altra attesa. Shannon ricambiò ancora. E ancora passò oltre, guardando Sayid che rimaneva immobile.
Camminava a piedi nudi sulla spiaggia, indossando il suo vestito più bello. Arrivò, finalmente. Non c'era nessuno ad aspettarla per colazione. Non c'era fretta. Si mise a sedere, paziente.

Il buongiorno, a volte, lo riconosci dalla serenità che provi sedendoti a tavola, ad aspettare che quel qualcuno arrivi per fare colazione.

Era stata la notte di un giorno duro...
Girarsi e rigirarsi nel letto era stata l'occupazione prevalente.
Nessun lenzuolo, nessun cuscino, nessuna posizione risultavano congeniali al suo Morfeo che aveva semplicemente deciso di non andare da lei da quella sera.
Una di quelle notti in bianco in cui il buio sembra solo una perdita di tempo e un catalizzatore di pensieri.
Non c'era neppure un motivo preciso che la rendesse così irrequieta, piuttosto una strana sensazione adrenalica.
Quel leggero prurito interno a cui spesso la testa non dà peso, che molte volte viene confuso con presentimento e che altre volte finisce persino con il verificarsi, per vie traverse, al punto da chiamarlo coincidenza.
Ana Lucia aveva esattamente questo: un fastidioso solletico nello stomaco imperterrito e nottambulo. Come se qualcosa stesse per succedere.


Alle 7 puntuale, come se ce ne fosse realmente bisogno, la radiosveglia si attivò e lo speaker diede il buongiorno a Malibù. Si alzò, indossò una maglia e si diresse verso l'unica cosa che contasse in quel momento: il caffè.

Il rumore delle onde, l'odore dell'oceano, i piedi nudi sulla sabbia ed il suo vestito più bello.
Una colazione che aspettava di essere consumata e l'impazienza che improvvisamente diventava la sua.
Cominciò, in silenzio a bere il suo caffè, non aveva importanza.
E' questo il bello di certe persone, arrivano sempre, tornano sempre, anche se non le aspetti per colazione.
Alla fine arrivano sempre, come la morte.
Sorrise, voltandosi verso la sua sinistra; lì erano già tutte insieme, tutte e tre: loro due e la morte. Erano felici.

L'odore del caffè, la musica in sottofondo, i piedi nudi sul pavimento freddo.
Si sollevò sulle punte per raggiungere il bicchiere sulla mensola e col braccio urtò leggermente la brocca.
Il suo buongiorno si rivelò più disastroso della notte appena passata. Una cascata di caffè bollente si riversò su di lei tradendo l'istinto ancora assopito di scostarsi.
Il bruciore improvviso le fece serrare gli occhi.
Le mani strofinavano invano le ginocchia e i piedi si ritrovarono all'improvviso immersi nella sabbia.
Il sole la accecava ma il dolore era svanito.

Davanti a lei una tavola imbandita e la colazione già servita.
Era tutto così surreale.

Non più il mare, non più il caffè, non più le onde. Solo quella persona, che alla fine era arrivata davvero.
Aspettarla era stato semplice, guardarla negli occhi lo era molto di meno.
Finalmente aveva un volto, finalmente aveva un profumo, finalmente aveva due occhi, finalmente aveva un respiro, forse un voce. Già noti, già visti. Ma mai riconosciuti come quelli della sua assassina.
Ana Lucia. Fino a quel momento era stata solo un nome e un colpo di pistola.
Era stata solo morte, ora era speranza.
Non era semplice guardarla negli occhi, non era semplice sorriderle, non era semplice parlarle.
Ma fece ciascuna di queste cose.

"Ti stavo aspettando."

D'un tratto sotto di lei non ci fu più la spiaggia che conosceva ma le sabbie mobili e l'idea di essere risucchiata appariva quasi allettante di fronte alle circostanza ormai inevitabile di quel faccia a faccia.
Shannon era lì, composta sulla sua sedia, in un abito che sembrava essere stato scelto accuratamente, con il sole alle sue spalle e lo sguardo fisso su di lei.

Come se qualcosa stesse per succedere...
Non era di certo qualcosa a caso!

Si avvicinò al tavolo tentando di nascondere le sue gambe scoperte e i suoi pensieri imbarazzati.
Tutto torna e tutti tornano prima o poi.
Shannon era tornata, forse a riscattare quello che era suo.

"Come ci siamo finite qui?"

Ana Lucia aveva finalmente uno sguardo, ed era forse più perso del suo. Non le dispiaceva.
Il suo non lo era più, ormai sapeva. Aveva capito. Aveva capito che non importa quante volte nella vita le persone ti abbandoneranno, non importa quante persone non ti sceglieranno o quante smetteranno di farlo. Non importa finché tu continuerai a sceglierti. Importa solo quando sarai tu a smettere di farlo.

"Non ti ricordi? Siamo sempre sempre state qui..."

Le sorrise ancora, indicando il posto felice alla sua sinistra.

Aspettò che Ana Lucia capisse, prima di cancellare il sorriso e lasciare che la rabbia ed il rancore si impadronissero della sua voce.

"Io sono sempre stata qui.
Da quando tu mi hai uccisa."

Quel sorriso sembrava non esserci mai stato.

Il sorriso di Shannon svanì e con le sue parole, pungenti e gelide, sparì anche il calore del sole.
Il momento era giunto e quella sensazione premonitrice che aveva avvertito era diventata una corda ben stretta attorno al suo stomaco.

Assassina e vigliacca era il connubio peggiore del mondo e se del primo appellativo non poteva più liberarsi, avrebbe almeno cercato di stare alla larga dal secondo.

Si voltò a guardare il funebre recinto in cui entrambi i loro corpi erano stati sepolti.

"Ho visto quello che ero e so cosa sarò. Ho visto tutto... Non c'è più niente da vedere." (*)
"Ogni cosa ha il suo prezzo e, se ti può consolare, sono morta almeno quanto te."
Pronunciò quelle parole pensando che il destino aveva giocato davvero bene con loro, ripangando Ana Lucia della stessa infima moneta con la quale, suo malgrado, aveva truffato Shannon.

"E' quasi ironico che i nostri cadaveri saranno vicini per sempre."





(*) cit. tratta da "Dancer in the dark" di Lars Von Trier.

Era difficile starle di fronte e parlarle da viva. Era semplice starle accanto da morta.
Era semplice accusarla ed usare parole dure. Era difficile farlo con convinzione.
Sarebbe stato bello considerarla la causa dei suoi mali.
Ma era ancora più bello considerarla la sua via d'uscita.

"E' ironico? Io lo trovo giusto.
E' questa la cosa bella della vita: non è infinita."

della mia vita, almeno. pensò. Poi le parole uscirono senza controllo.

"Puoi rimediare al tuo errore. Puoi salvare la coscienza. Tu puoi salvarmi, stavolta."

Anche la morte si riserva i suoi colpi di scena.
Anche nella morte vanno gestiti i rapporti umani.
Anche nella morte si può rimanere stupiti.

Shannon le stava davvero offrendo una possibilità di redenzione?!
Una metamorfosi da estrenea carnefice ad estranea ancora di salvezza?

La vita non è infinita, ma anche la morte a quanto pare non lo era...non per loro almeno.

"Non ho mai capito come salvare me stessa, come pensi che possa riuscire a salvare te?"

"Perché io conosco il modo.
E so che tu che tu puoi farlo. Di nuovo.
Ti prego, salvami.
Uccidimi, uccidimi di nuovo."

Anche nella morte si può diventare pazzi.
E Shannon forse lo era.
O forse era disperata, rassegnata, arresa...qualunque cosa fosse non le stava affatto chiedendo di salvarla.

"Come? Stai scherzando, vero?
Non credo neanche sia possibile morire due volte."

"Ti sbagli, è questa la cosa bella della morte: arriva sempre! Ed arriverà ancora anche per noi, prima o poi."

Shannon aveva un tono di voce che faticava a riconoscere come suo. Shannon aveva uno scopo, per la prima volta, e questo faceva la differenza, anche nel suo tono di voce. Nascosta tra fiori, caffè e succo d'arancia, l'altra parte della sua salvezza. Lentamente la spinse verso Ana.

"Ti prego, sparami.
Tu devi salvarmi."

Davvero non riusciva a capire cosa potesse spingere Shannon a quella richiesta...
Si sarebbe aspettata accuse, minacce, rabbia e persino il desiderio di vendetta ma mai avrebbe immaginato che la morte potesse bussare due volte alla stessa porta.

Presa dall'ansia cominciò a camminare freneticamente avanti e indietro, solo per sentire ancora i suoi piedi calpestare i granelli di sabbia, solo per avere certezza che non si trattasse di un sogno o di una vivida allucinazione.
Nell'assurdità della situazione stava cercando un appiglio alla realtà.

"Devo farti una domanda...Cosa ti è successo per voler morire di nuovo?"
Si inginocchiò davanti alle loro tombe, spoglie e anonime, in attesa di una sua risposta.

Si dice che nel dolore si impara a conoscere la propria forza. Si impara a capire quanto si è in grado di sopportare. Si impara a riconoscere il limite, quando lo si raggiunge. Shannon lo aveva raggiunto. Aveva smesso di scegliersi. Supplicava la sua assassina di non abbandonare quel ruolo. Nel dolore si impara a riconoscere forse anche il proprio coraggio. Shannon non aveva il coraggio di vivere, ma non aveva nemmeno il coraggio di usare quella pistola.
Ma aveva il coraggio di dire la verità. Si avvicinò alle tombe, inginocchiandosi accanto ad Ana Lucia.
Fissava la terra che copriva i loro corpi, cercando le parole adatte. Poi si voltò verso di lei.

"Perché non ho niente."

Ne trovò solo quattro. Stupide. Banali. Apparentemente vuote. Lei non avrebbe capito. Forse. Ma non ne trovò altre.

Niente
Una sola parola che bastava a motivare la pistola, la richiesta e persino quello sguardo vuoto nei suoi occhi.
Era una parola triste ma sembrava pronunciata con consapevolezza.

Non erano amiche ma neppure nemiche in quel momento. Non erano niente.
Eppure sentiva il dovere di dirle qualcosa, di provare a salvarla in un modo diverso.
Se la morte può tornare, anche la speranza può riuscirci.

"Sei ancora in tempo per aggiungere qualcosa al tuo niente..."

Non la guardò negli occhi neppure un istante.
Spostò lo sguardo sulle croci in legno davanti a lei fino ad accorgersi che c'era qualcosa...una scritta in verticale.
Tre semplice lettere intagliate nel ramo: J E M.
Solo a quel punto si voltò basita verso Shannon.

Non erano niente. Eppure lei era lì a dirle di provarci ancora.
Shannon cercava i suoi occhi, che sembravano voler ad ogni costo evitare i suoi.
Non erano niente. Eppure lei l'aveva ascoltata. Ma non l'aveva convinta.
Shannon abbassò lo sguardo. Rassegnata.
Lo rialzò, provando a farle un'ultima richiesta. Se ne dimenticò quando sulla croce vide che al posto del suo nome c'era qualcos'altro.

Quattro semplici lettere intagliate nel ramo: D U D E.
Si voltò ancora verso Ana, questa volta basita.
Solo a quel punto trovò il suo sguardo.